Sapete qual è la disciplina nella quale il popolo italiano ha pochissimi rivali? Pagare le tasse. Come paghiamo noi le tasse non le paga davvero nessuno. Non solo perché ne paghiamo davvero tante, ma anche e soprattutto perché spesso le paghiamo senza che ci sia alcun beneficio o ritorno in termini di servizi. Non voglio fare polemica sulle accise della benzina introdotte per sostenere popolazioni terremotate che a distanza di decenni ci si aspetterebbe vivano in un castello e invece vivono ancora in un container, piuttosto sottolineare come anche sulla TARI si sia sviluppata la solita spirale mangia soldi che non ha veramente senso di esistere.
Nel 2010, pensate, abbiamo versato 5,4 miliardi di euro con la TARI, l’anno scorso quasi il doppio, 9,3 miliardi per la precisione, con un aumento del 73%, tutto questo nonostante i miglioramenti nel sistema di raccolta e differenziazione dei rifiuti abbia portato il costo di gestione dei rifiuti differenziati a 0,15€/kg di rifiuti, rispetto ai quasi 41 centesimi necessari per la stessa quantità di rifiuti indifferenziati.
La cosa risulta ancora più difficile da digerire se si pensa che la raccolta differenziata mette a segno un +20% nel periodo 2010-2017, dato positivo di per sé, ma che fa il paio con una riduzione nella produzione di rifiuti che scenda a poco più di 30 milioni di tonnellate l’anno dagli oltre 32 milioni del 2010.
Quindi perché se il trend è positivo, ci ritroviamo a pagare sempre di più? Alla domanda risponde uno studio di Confcommercio, la quale ovviamente ha avuto un occhio di riguardo per la situazione delle aziende. Il problema principale è l’inefficienza nel servizio svolto dalle aziende di gestione che rispetto ad un miglioramento delle performance dei cittadini non hanno saputo implementare sistemi capaci di farci raggiungere gli obiettivi UE il che si traduce paradossalmente in un aumento dei costi di gestione.
Il dato salta all’occhio osservando quella che è la spesa ottimale, cioè quanto un comune dovrebbe spendere in teoria per la gestione dei rifiuti, rispetto al costo effettivo, cioè quanto paga davvero: nel 62% dei capoluoghi di provincia la spesa è superiore al costo ottimale, se per Venezia lo scostamento del 67% si può comprendere data la peculiarità della città, e come potete vedere nella foto ci mettono tutto l’impegno possibile, per città come Asti (77%) e Reggio Calabria (58%) è decisamente meno comprensibile come mai si spenda così tanto.
In controtendenza si muovono invece città come Pistoia (che spende il 33% in meno) Prato (-28%) e Cesena (-26%).
Nell’universo delle imprese le ingiustizie si fanno ancora più pesanti, posto che tra servizio pagato e ricevuto spesso c’è un abisso enorme e vuoto, un distributore di carburante di 300 metri nel comune di Roma paga 2667 euro a fronte di un importo di 446; due attività appartenenti alla stessa categoria addirittura pagano importi diversi, prendiamo due alberghi con le stesse caratteristiche uno situato nella Provincia di Lecce l’altro nel capoluogo, il primo poco più di 4000 euro mentre il secondo ne paga quasi 8000. Prima che qualcuno scivoli sulla buccia di banana del divario nord-sud, sappiate che la stessa cosa capita anche aPadova, dove l’albergo della provincia paga 4089 euro/anno mentre quello del capoluogo 4901.
E’ chiaro che l’intero sistema abbisogna di importanti migliorie, i cittadini frustrati dal pagamento di ingenti somme cui corrispondono servizi scadenti se non addirittura inesistenti non si sentono incentivati ad essere sempre più puntuali nella raccolta differenziata. Spingere verso un ammodernamento del sistema di raccolta, gestione ed ovviamente anche della parte burocratica ed amministrativa, porterà sensibili miglioramenti nel disegno complessivo e nell’economia degli enti locali, gli obiettivi posti dall’Unione, se lo chiedete ad un ambientalista integralista come il sottoscritto, sono ambiziosi, ma alla luce della vera sfida che si pone oggi alla società civile sono praticamente niente: i mari sono soffocati dalla plastica, il territorio del paese è punteggiato di discariche ed inceneritori, palliativi costosi inutili e dannosi per la salute, tutti fattori che dovrebbero spingere verso un differente approccio alla gestione dei rifiuti, tutti fattori che dovrebbero spingere verso modelli ispirati all’economia circolare.