Dipende da che lato si guarda al problema perché come sempre il bisogno di molti è un’opportunità di business per alcuni, l’avreste mai detto che un giorno avremmo avuto bisogno di cose come la macchinetta per il caffè a cialde? Apparentemente l’umana stirpe, tranne pochi coraggiosi, sembra impossibilitata ad evolversi ulteriormente senza questo prodigio della tecnologia, ma restiamo in tema.
Come alcuni di voi sapranno le compagnie quotate in borsa non appartengono tutte allo stesso listino, ed in particolare quelle con la maggior capitalizzazione rientrano nel cosiddetto listino ‘blue chip’, alcune di queste (un numero imprecisato) ha fatto una stima di quello che il cambiamento climatico andrà a costare, 215 di questo numero imprecisato hanno rivelato i risultati di questo studio e pare che nei prossimi 5 anni il cambiamento climatico avrà un impatto di 1.000 miliardi di dollari. E lo studio precisa, è una stima per difetto. Se volete capire quanti soldi siano 1.000 miliardi di dollari, pensate che se voi guadagnaste lo stipendio medio italiano, 1300 euro, dovreste lavorare 769.230.769 mesi cioè 64.102.564 anni, che vista l’aspettativa di vita media equivale a 754.147 vite. Non so voi ma non solo io non ho tutte quelle vite a disposizione, ma non guadagno nemmeno 1300 euro. E ripeto alcuni concetti chiave: 1)la stima è stata fatta PER DIFETTO; 2)non sappiamo quante aziende del listino abbiano effettuato questa valutazione, sappiamo solo che di tutte le compagnie solo 215 hanno reso pubblici i risultati.
Mancano infatti all’appello alcuni nomi veramente importanti visto il tema trattato, come Chevron, ExxonMobil, titanici conglomerati attivi nel settore degli idrocarburi, mentre hanno risposto le ammiraglie di Wall Street come Alphabet (la holding della famiglia Google), Microsoft, Amazon e Apple. Anche nel settore della finanza le risposte non sono mancate, ma gli autori dello studio, che scrivono dagli uffici della Carbon Disclosure Project, ong con sede nel Regno Unito, sollevano il dubbio che le valutazioni fatte interessino per lo più i rischi per i clienti che per l’economia complessiva (inclusa quindi la compagnia stessa). E sorge un altro problema: le compagnie che avrebbero un ruolo maggiore nel cambiamento climatico hanno previsto rischi per 25 miliardi di dollari e ‘nuove opportunità’ per 140, il che fa decisamente temere, in modo fondato, che non prenderanno nessun tipo di provvedimento per virare verso la sostenibilità ambientale.
Mors tua vita mea, quindi, e lo sa bene Eli Lilly, colosso farmaceutico che ha visto il proprio fatturato crescere grazie al cambiamento climatico, come? Semplice, temperature più alte=maggior diffusione delle malattie infettive=maggior bisogno di farmaci. E sbaglia chi ritiene che anche mercati virtuosi come quello delle rinnovabili avranno a beneficiarne perché un pannello fotovoltaico non beneficia dell’innalzamento della temperatura visto che abbisogna di irraggiamento diretto, né tanto meno ne trae profitto l’idroelettrico viste le continue carenze di acqua, tali da rendere necessario razionare l’acqua per la popolazione civile, figurarsi se poi ne avanza per far girare le turbine di una centrale idroelettrica.
Fenomeni climatici estremi infatti sono sempre più frequenti, non solo, ma l’impatto che hanno sulla vita delle persone e sull’economia locale e globale è devastante, pensate che ci sono paesi come la Sierra Leone dove nell’arco di pochissimo tempo i fenomeni meteorologici si sono intensificati al punto che le piogge torrenziali hanno dato vita a fiumi di fango che si portano via intere città. Voi lo sapete come si dorme con la paura di essere travolti da una piena? In Sierra Leone le vendite dei Toto sono crollate!
Fatto sta che questi 1000 miliardi di dollari, di cui 490 considerati ‘molto probabili o certi’, andranno a pesare su settori che vanno dall’agricoltura, perché coltivare terre inquinate e povere di acqua presenta notevoli difficoltà, fino alle assicurazioni, perché è agli istituti che toccherà sborsare gli indennizzi per quegli eventi contro cui ci si assicura da privati cittadini e come istituzioni. E indovinate dove si concentra la maggior quota di rischio? Nel vecchio continente. Non è però una previsione affidabile, non perché il 66% dei rischi connessi al cambiamento climatico concentrati in Europa, a fronte del 10% dei rischi a carico degli USA siano una stima inaffidabile in sé, ma piuttosto perché le stime sono state sviluppate sulla base dei dati comunicati dalle aziende, come anticipato, quindi se i big americani non condividono i dati è impossibile fare una stima rigorosa, la maggior parte delle compagnie che hanno reso pubbliche le rilevazioni fatte ha sede in europa, motivo per cui è chiaro che sembra che l’Europa sia destinata ad essere divorata dal cambiamento climatico.
Come ‘convincere’ le grandi dei combustibili fossili a riconsiderare le loro strategie, come ‘persuaderle’ a puntare verso la sostenibilità? Rendere antieconomico il modo in cui fanno affari, l’utilizzo del carbone, incentivato da alcuni governi come quello USA e quello Australiano, può essere reso antieconomico dall’imposizione di una carbon-tax, incentivando sull’altro fronte l’autosostentamento e l’autosufficienza energetica. Come? Rendendo più accessibili l’efficienza energetica e l’installazione di impianti che possano produrre in loco, così da ridurre il fabbisogno energetico delle utenze domestiche ed industriali. E’ ovvio che non tutto si riduce all’installazione di un pannello fotovoltaico a casa ma è un punto di partenza.