Quando ero un ragazzetto giusto e avevo abiti firmati e un cellulare di ultima generazione, gli amici del muretto e una pettinatura quasi decente, il mio unico vero problema nella vita di tutti i giorni era assicurarmi che il mio lettore cd avesse sempre autonomia sufficiente(gli altri ancora giravano col walkman a cassette, pezzenti). Siccome comprare in continuazione batterie usa e getta non solo costava una fortuna ma mi pesava dal punto di vista della sostenibilità -sempre stato uno sul pezzo da questo punto di vista- avevo comprato un paio di batterie ricaricabili che mettevo nel cordless di casa e ogni mattina facevo il cambio col mio lettore cd. Tanto non è che la mattina, mentre io ero a scuola e i miei a lavoro, il cordless servisse a molto.
Ovviamente non è che le batterie ricaricabili siano immortali quindi dopo un tot cicli di ricarica la capacità di conservare energia andava diminuendo fino a che non diventavano inservibili, quindi toccava sostituirle; le pile esauste venivano OVVIAMENTE conferite negli appositi bidoncini presenti nei supermercati e in altri punti di raccolta strategici.
Ma dopo che vengono raccolte, lo sapete che fine fanno le batterie? Vengono schiacciate, messe da una parte, e ciao. Già perché recuperare ciò che sta dentro pile ed accumulatori (come ad esempio quelli delle auto, erroneamente chiamati batterie) costa un sacco di quattrini e spesso il gioco non vale la candela, risultato: cumuli di batterie vengono stockati e dimenticati.
Se va bene…
Già perché nel luglio 2017, per farvi un esempio, una banda di sei persone è stata sgominata dalla Polizia Locale di Milano a seguito di un’indagine durata un anno e avviata a seguito delle molte segnalazioni dei cittadini. Praticamente tre componenti della banda di nazionalità romena recuperavano da officine campi rom e depositi ferroviari, batterie di camion treni ed auto nell’ordine delle 15 tonnellate a settimana, il tutto finiva dentro dei container spediti poi nel milanese e lì grazie alla collaborazione di tre nostri connazionali le batterie venivano smembrate; quello che poteva essere recuperato veniva nuovamente spedito stavolta verso Romania e Slovenia, quello che non poteva fruttare più niente veniva ‘smaltito’: gli appostamenti delle forze dell’ordine hanno rilevato come i liquami, per dire, venissero sversati nei campi nella zona di Quintosole, a sud del capoluogo meneghino, dove le analisi dell’Arpat hanno rilevato un inquinamento del terreno elevatissimo. Tutte e 6 le persone sono state denunciate. #alloratuttoaposto
Mi piace pensare che tra qualche decina di anni le automobili a benzina saranno solo pezzi di antiquariato da far girare durante i raduni, manifestazioni e parate, mentre in strada gireranno solo macchine elettriche (sognare è gratis ok?!) ma si pongono un sacco di problemi, come ad esempio la diffusione delle stazioni di rifornimento, l’approvvigionamento energetico per far fronte alla richiesta di rifornimento su larga scala, ed ovviamente, lo smaltimento delle batterie.
Problema che in tanti ad oggi hanno provato a risolvere, pensate infatti, se in tanti hanno fallito chiunque trovasse una soluzione intelligente, oltre a fare un favore al pianeta, farebbe bei soldi. Tra quelli che ancora ci provano c’è il professor Seokheun Cho, già inventore di una mini batteria di emergenza alimentata CON LA SALIVA, docente di elettronica e ingegneria informatica ed oggi a capo di un team interdipartimentale formato da ricercatori della New York State University e Binghamton University. Il gruppo ha infatti messo a punto una batteria eco sostenibile fatta a base di carta che alla bisogna si dissolve in acqua senza bisogno che intervengano altri processi. Rispetto ai tentativi fatti in passato, sottolinea il docente, la batteria vanta un miglior rapporto qualità prezzo e maggior potenza, oltre al fatto di essere flessibile e di poter migliorare sensibilmente le proprie performance se messa in sovrapposizione con altre batterie.
Come dico sempre, diffidate da chi ha la smania di gridare al miracolo, le novità hanno bisogno di lunghi tempi di rodaggio per dimostrare quanto davvero valgono e per lasciare che i limiti oggettivi vengano a galla così da poter essere valutati e -dove possibile- superati. Ma ogni passo verso un un futuro più verde è da accogliere col sorriso sulle labbra, spero per voi quindi, che non abbiate buttato i vostri appunti dell’università e quaderni di scuola, domani potreste utilizzarli per alimentare il vostro smartphone, un altro esempio di economia circolare!