Tra le cose più frustranti che mi capita di sentir dire da chi la raccolta differenziata non la farebbe nemmeno sotto la minaccia di una viulenza inautita (come la definirebbe Abatantuono), c’è l’intramontabile ‘tanto non cambia niente, te la fanno fare ma poi buttano tutto insieme’.
Abbiamo la certezza che non sia così? Possiamo essere sicuri al 100% che il nostro barattolino di vetro verrà davvero rifuso in un agile cavallino rampante dagli artigiani di Murano? La garanzia che il nostro cartone della pizza verrà trasformato in carta igienica chi ce la dà?
Ma soprattutto, chi ci assicura che i rifiuti speciali prodotti ogni giorno da fabbriche ospedali e altri stabilimenti, vengano trattati adeguatamente? Purtroppo è proprio questo il settore per il quale abbiamo bisogno di maggiori certezze, specie in considerazione del fatto che nel 2017 l’Italia ha registrato il boom degli ecoreati, quei reati cioè a matrice ambientale per i quali il danno è a carico dell’intera collettività mentre i responsabili sono difficili da rintracciare, restando per lo più impuniti (pensavate che i barili di rifiuti sepolti o dispersi nell’ambiente in modo fraudolento avessero la targhetta di riconoscimento come le valigie? Mi spiace, ho brutte notizie per voi).
Per porre soluzione al problema e rispondere alla domanda ‘che fine fanno i rifiuti?’ nel dicembre 2009 viene emanato un decreto che istituisce il SISTRI, cioè il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che nell’intenzione dei suoi ideatori avrebbe permesso di monitorare i rifiuti pericolosi digitalizzando gli adempimenti burocratici previsti già allora, mediante un sistema di autenticazione e tracciamento di chi genera, movimenta e smaltisce i rifiuti pericolosi, coprendo così l’intero ciclo.
Quando leggo di iniziative come queste vengo preso inizialmente da un’estasi totale, per poi essere immediatamente colto dal sospetto e dalla diffidenza, perché come direbbe un italiano se parlasse inglese I know my chickens. Infatti la data di partenza inizialmente prefissata era luglio 2010, poi posticipata ad ottobre dello stesso anno; poi ulteriormente posticipata a gennaio 2011, poi maggio, giugno, settembre, aprile 2012, giugno 2013, ed infine ottobre 2013 quando il sistema è partito ufficialmente, ma solo per alcuni soggetti (istituzioni ed imprese) per essere esteso poi nel 2014 agli altri soggetti inizialmente rimasti esonerati.
Le difficoltà oggettive erano molte e le critiche non sono mancate, come ad esempio il metodo con cui è stato scelto il partner tecnico per la realizzazione del sistema, individuato in Selex Service Management, del gruppo Finmeccanica, mentre altre imprese informatiche hanno dovuto presentare ricorso in quanto escluse. Fosse questo il peggio, ma purtroppo non è così…
Nel 2011 infatti parte un’indagine della procura di Napoli incentrata proprio sull’aggiudicazione del progetto, vengono individuate responsabilità in capo a figure ministeriali ed esponenti della Selex, disposte misure cautelari e sequestri, con una banale ricerca su google scoprirete che ci sono stati numerosi rinvii a giudizio e molte condanne.
Non bastassero i ritardi a frustrare il meccanismo, il classico sistema all’italiana di mazzette favori e occhiolini ha fatto sì che tutto andasse gettato alle ortiche.
False partenze, andamento a singhiozzo, processi, tutto remava contro un sistema che già nella fase contrattuale mostrava diverse incertezze, pensate che i transponder utilizzati per il SISTRI, commercializzati da Viacom a 35 euro l’uno, Selex li faceva pagare al Ministero dell’Ambiente ben 500 euro; se vi state chiedendo ‘ma è normale un ricarico del genere?’ vi rispondo io: se state cercando di lucrare sulle spalle della finanza pubblica sì. Ma questo fa di voi dei poco di buono (mi esprimerei in altri termini ma poi i bambini all’ascolto…).
Non bastasse tutto ciò, a partire dal 2010 le aziende assoggettate al controllo del SISTRI sono state chiamate a versare un contributo a sostegno del progetto, peccato che il sistema non sia partito fino al 2014; in questo stesso anno tra l’altro venne suggerito un nuovo sistema, il SETRI, immediatamente abbandonato quando emerse il sospetto che questa nuova opzione non offrisse una reale semplificazione del meccanismo di tracciamento ma si limitasse ad arricchire la software house che aveva sviluppato il sistema informatizzato.
Poi nel 2014 è arrivato il trio TIM-Almaviva-Agriconsulting che si aggiudica una procedura pubblica molto più trasparente della precedente, con un impegno di 5 anni (prorogabile di altri 2), ma come ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Giorgio Costa in un’intervista rilasciata a Guido Ruotolo e pubblicata sulla sezione news del portale Tiscali qualche giorno fa, il SISTRI non ha funzionato e non funziona, inutile girarci intorno, motivo per cui a partire dalla primavera avremo un nuovo sistema che sfrutta i dispositivi GPS in dotazione ai mezzi, messi in rete.
Adesso io dal Ministro Costa, che è uno che per l’ambiente si è impegnato davvero in passato e continua a farlo, mi aspetto molto: all’arrivo della primavera non mi accontenterò di rondini allergia e gitarelle fuori porta, il nuovo sistema di tracciamento dei rifiuti è fondamentale per la lotta alle ecomafie e al business dei rifiuti!