Appena qualche giorno fa si è celebrata la giornata mondiale dell’ambiente, quest’anno dedicata all’emergenza rifiuti che sta colpendo mari e oceani di tutto il mondo, oggi il WWF pubblica il suo rapporto sulle condizioni disperate in cui versa il Mar Mediterraneo, sempre più soffocato, e con lui le creature che lo popolano, dai rifiuti gettati in mare.
Spiagge dorate addio, come ci racconta adesso internet infatti fare surf tra l’immondizia non è più una novità e posti diventati famosi per la bellezza dei propri mari adesso stanno soccombendo sotto il peso dei rifiuti solidi urbani che non sappiamo più dove mettere: siete lì che riempite la vostra valigia di costumi, asciugamani, creme solari, già assaporando il sole delle Maldive. E invece arrivate lì e scoprite che il vostro hotel, bello in modo sospetto visto il prezzo super conveniente, si affaccia su Thilafushi, un’isola dell’arcipelago che raccoglie tutta l’immondizia della capitale Malè.
Quest’isola, sulla quale la discarica è operativa dal 1992, riceve dalle 300 alle 400 tonnellate di rifiuti indifferenziati ogni giorno, incluse pile scariche, asbesto, piombo ed altri materiali pericolosi finiscono per inquinare uno dei mari più belli del mondo. Nel 2011 le autorità hanno dovuto interrompere il conferimento di rifiuti in discarica perché a forza di scaricare senza criterio, camion dopo camion, tanti rifiuti venivano portati via dal mare e approdavano sotto gli occhi dei turisti, sdraiati a farsi tostare la pelle sotto dal sole ed impegnati nel più classico cruciverba estivo, turisti cui normalmente viene nascosta l’esistenza di Thilafushi.
Ma l’isola cresce di un metro quadro al giorno e non credo che esista un tappeto abbastanza grande per nascondere tutta quella immondizia, non sul lungo termine almeno.
E noi che dovremmo dare l’esempio non siamo messi meglio, come detto in apertura infatti il WWF ha pubblicato un rapporto sullo stato di salute del Mediterraneo e stando al documento diffuso, pur rappresentando appena l’1% delle acque internazionali, il bacino che va dalle coste siriane alle Colonne d’Ercole contiene il 7% delle microplastiche del pianeta; ed è proprio alle microplastiche che si attribuisce un decesso su due nella popolazione delle tartarughe comuni, mentre per i capodogli il rapporto è uno su tre.
L’Italia ha poi un triste record, quello di terzo paese del Mediterraneo per dispersione di rifiuti in mare, con la bellezza di 90 tonnellate al giorno, l’equivalente di 10 camion che ogni mattina svuotano il loro carico in mare. Nel nostro mare. L’impatto come potrete immaginare è devastante: l’inquinamento da microplastiche ha conseguenze terribili per tutto l’ecosistema compromettendo la salute dei pesci così come la nostra, oltre ad avere ripercussioni spesso drammatiche anche su settori chiave dell’economia come pesca e turismo, le stime del WWF parlano di danni per 62 milioni di euro l’anno!
La presa di posizione dell’UE è stata salutata con favore da tutti ma quello che WWf ed altri giganti verdi auspicano è una sinergia reale tra cittadini, aziende ed istituzioni: i primi devono impegnarsi ad essere più attenti nella raccolta differenziata, le aziende dovrebbero prendersi la responsabilità di sostenere la filiera del recupero (tradotto: sostenerne i costi) e le istituzioni devono rendere effettivi gli obblighi introdotti, porre traguardi sempre più ambiziosi e regole sempre più stringenti.
Al di là delle difficoltà oggettive che già insistono su questo fronte, c’è da considerare che non tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo sentono il grido d’aiuto lanciato dal mare, penso alla Siria che è dilaniata dalla guerra ormai da anni, e comprensibilmente non può mettere la raccolta differenziata in cima alle sue priorità. Quindi il cambiamento come al solito parte da noi, che non dobbiamo sotterrare i mozziconi sotto la sabbia né lasciare la nostra bottiglia di birra da una parte, dobbiamo fare la nostra parte, e dobbiamo farla così bene che gli altri vedendoci penseranno ‘ah quanto mi piacerebbe essere così ganzo’!