A dire che il cambiamento climatico sia frutto della fantasia distorta di qualche catastrofista fuggito da Hollywood -purtroppo- non è lo scemo del villaggio; non è (solo) quel tizio un po’ strano che vive in una casa malandata col tetto pieno di buchi e una vecchia sedia a dondolo tenuta su con lo spago, a dirlo sono politici, imprenditori, scienziati, imprenditori, scemi del villaggio, imprenditori, opinionisti e soprattutto imprenditori.
Di base funziona così: sul mercato ci sono multinazionali e conglomerati che muovono abbastanza risorse economiche da fare il buono e cattivo tempo soltanto con uno sbadiglio, questi pagano gli scienziati per pubblicare ricerche infondate, faziose e piene di lacune sulla base delle quali i politici possono negare l’esistenza di un’emergenza climatica e giustificare l’inerzia di un paese in punto di politica ambientale orientata verso la sostenibilità. Questo perché anche i politici ricevono un giusto premio per il loro impegno, sempre finanziato da chi -per convenienza- sostiene che il cambiamento climatico sia una balla, cioè le stesse multinazionali e gli stessi conglomerati di cui sopra.
Recentemente Greta Thunberg è stata invitata a parlare all’ONU durante un summit dedicato al clima, incontro al quale il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dichiarato di non prendere parte in quanto il suo paese non è mai stato meglio; e invece a sorpresa si è presentato e le foto dei due hanno fatto il giro del mondo in 8 secondi netti. Certo il discorso accorato e intenso di Greta ha toccato molti e le sue lacrime (vere o non vere che fossero) hanno suscitato molto scalpore, ma niente batte le occhiatacce che la paladina della green revolution ha lanciato più volte a The Donald.
E se le merita tutte perché da quando si è insediato alla Casa Bianca non ha fatto che negare il cambiamento climatico in atto, lo stato di emergenza in cui versa i nostro pianeta, arrivando persino a smantellare tutto il sistema di limiti e sanzioni che l’amministrazione Obama aveva edificato al fine di porre quantomeno un freno al degenerare della situazione.
Ma in Italia non siamo messi poi tanto meglio, tra Acelor-Mittal che ricatta il paese dicendo che senza immunità penale per i reati contestati all’ILVA lo stabilimento chiude, il governo che vuole tassare le merendine ma sul fronte plastica non fa poi niente all’atto pratico e la petizione firmata da oltre 200 accademici tutti convinti che il riscaldamento globale antropico (cioè causato dall’uomo) sia in realtà una cosa che dovrebbe stare scritta sui biscotti del cucciolone, abbiamo la nostra bella gatta da pelare.
Già perché la petizione che ho menzionato poc’anzi porta in calce la firma di oltre 200 accademici esperti nei settori della geologia, della fisica e di molte altre branche della scienza. Benché il primo firmatario della ‘European Declaration: there is no Climate Emergency’ sia stato un olandese, l’ex docente di geofisica Guus Berkhout, nello stivale si sono uniti al coro dei negazionisti luminari del calibro di Antonino Zichichi e Renato Ricci; a livello globale le adesioni hanno raggiunto quota 500.
La contestazione sulla base della quale si leva il coro negazionista fa riferimento ai modelli matematici utilizzati per prevedere quale andamento seguirà l’innalzamento delle temperature, e secondo i luminari negazionisti il surriscaldamento del pianeta è stato inferiore a quanto previsto dai modelli di cui sopra, anche di 5-6 volte.
A monte a monte! Cancellate il Natale!
Il che è pure vero, ma modelli a parte -sottolinea Roberto Battiston, professore di fisica presso l’Università di Torino ed ex presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana- i dati storici sul lungo periodo evidenziano un’accelerazione nell’aumento della temperatura: all’epoca delle glaciazioni la temperatura subiva variazioni nell’ordine di 1 grado nell’arco di un millennio, negli ultimi 100 anni invece la temperatura è salita di quasi un grado e cioè quasi 10 volte tanto. E il trend non accenna a variare, oggi infatti si stima che l’aumento della temperatura si aggiri intorno agli 0,15-0,2 gradi ogni decennio, quindi 20 volte di più.
Senza contare che poco importa di quanto sia effettivamente aumentata la temperatura, l’obiettivo ultimo delle misure atte a ridurre il nostro impatto sul clima è quello di garantire la sopravvivenza dell’essere umano e la sostenibilità della vita sulla terra.
Decisamente fuori dal coro si pone l’ultimo rapporto dell’International panel for climate change, il comitato scientifico dell’ONU (celeberrimo covo di complottisti), che dedica al tema di oceani e ghiacciai un lungo rapporto. Nelle 900 pagine del rapporto sono stati rifusi oltre 7000 lavori scientifici prodotti in oltre 30 paesi e le conclusioni non sono aperte ad interpretazioni: innalzamento del livello dei mari coi conseguenti rischi per le coste (dell’inabissamento di Jakarta abbiamo già parlato), aumento delle temperature e del grado di acidità degli oceani, calo dell’ossigeno, eventi estremi sempre più frequenti come piogge torrenziali, fenomeni ciclonici, il tutto accompagnato da una moria della vita marina.
900 pagine di bufale se lo chiedete ai firmatari della European Declaration…
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