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E’ veramente il caso di parlare delle api

  • 10 Marzo 2019
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  • Niccolò

Non voglio farvi il ‘discorsetto’ sull’ape e sul fiore, o meglio in un certo senso sì, ma non quello su come siete nati, cosa che a questo punto dovrebbero aver già spiegato i vostri genitori.

Vi voglio fare il discorso dell’ape che impollina il fiore, svolgendo un ruolo fondamentale nel ciclo vitale mondiale, tanto che a fronte della moria di api cui stiamo assistendo da anni sono stati formulati i più terrificanti moniti mai sentiti, primo tra tutti quello di incerta attribuzione che vorrebbe l’umanità estinta nel giro di 4 anni una volta scomparso il simpatico insetto a strisce gialle e nere.

Ma se è vero che il catastrofismo a buon mercato con cui viene condita l’informazione non aiuta, i dati scientifici di cui disponiamo non sono comunque entusiasmanti, ad onor del vero secondo l’ONU la scomparsa delle api potrebbe avere effetti drammatici sulla vita sulla terra portando alla fine del genere umano nel giro di poco più di 30 anni. Ora, io il rapporto non l’ho letto, non so chi si sia messo a fare questi conti, non so sulla base di quali dati e secondo quali metodi ma non mi è così difficile credere che per noi sarà la fine dei giochi una volta scomparse le api. E se anche non dovesse trattarsi di ‘scomparsa del genere umano’ sicuramente dovremo fare i conti con un cambiamento radicale nei cicli alimentari su scala globale.

Anche l’UE si è scomodata a valutare la questione e le conclusioni sono state le stesse, il problema sta nel fatto che giunti a dette conclusioni di provvedimenti non ne sono stati presi. Come ironizzavo qualche giorno fa sull’account twitter di Recyclize (che dovreste seguire tutti) nel 2012 mezzo mondo era pronto ad affrontare l’Apocalisse sulla base di una presunta profezia Maya, ma nessuno si scomoda a fare niente per l’allarme ambientale nonostante ci siano delle prove inconfutabili. E purtroppo i nostri rappresentati sono della partita.
E’ provato che a contribuire alla moria delle api concorrono diversi fattori, tra i quali l’utilizzo di pesticidi, specie quelli nicotinoidi, l’intensificazione di campi elettromagnetici, l’urbanizzazione, l’inquinamento atmosferico, il surriscaldamento globale, ma misure concrete non ne sono state prese. Anzi, si discute tanto dell’impatto del glifosato sulla salute delle persone ma all’ultima votazione in parlamento UE, grazie alle pressioni di paesi come la Germania, la messa al bando del pericoloso pesticida universale è stata rinviata di alcuni anni.

Paradossalmente proprio in Germania i verdi hanno raccolto quasi due milioni di firme in pochi giorni per dare una stretta all’utilizzo di sostanze nocive per le api, inasprendo il conflitto con gli agricoltori che difendono i propri interessi. Ma la categoria, in realtà, così facendo non tutela gli interessi di nessuno: prendendo per buone le stime ONU l’utilizzo dei pesticidi farà salve le produzioni fino a che le api non saranno morte, dopodiché mangeremo tutti aria fritta. Questo evidenzia come una soluzione al problema vada trovata adesso e la discussione non sia più rinviabile, non è la sveglia del lunedì mattina.

Certamente l’essere umano ha dimostrato di sapersi adattare in diverse situazioni scomode, magari qualcuno si inventerà le api robot già viste in una puntata della serie Black Mirror, ma non credo che queste si disturberanno a produrre delizioso miele dopo aver impollinato il fiore, il che significa che io non potrò condire la mia insalata col miele di castagno. Sì io nell’insalata ci metto il miele e sulla frittata ci metto due gocce di limone ok?!

Ma tornando alle nostre api, le iniziative non mancano, sfortunatamente sono più i privati a rimboccarsi le maniche improvvisandosi apicoltori, o più semplicemente installando i cosiddetti BeeHotel, delle piccole casette di legno pensate per offrire un pied-à-terre alle api vagabonde; ma anche personaggi pubblici come Morgan Freeman sono scesi in campo per la tutela dei preziosi imenotteri, l’attore ha infatti dedicato una porzione del suo ranch in Mississippi alle api riservandogli 124 acri della tenuta, dove hanno a disposizione magnolie, trifogli, lavanda e altre piante che rendono più facile la vita di un alveare. Chi meglio di un attore che ha interpretato Dio può comprendere l’entità del problema?!

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