Ammetto che di questa bella notizia scrivo un po’ per campanilismo, oltre che per dovere di cronaca, anche nella speranza che da qui a qualche tempo anche Recyclize possa approdare al Parlamento Europeo diventando un valido supporto per tutti i cittadini dell’Unione.
Sapete cosa succede quando una nave da pesca tira su le proprie reti e tra gamberi e sardine trova il più classico stivale? Succede che lo DEVE ributtare in mare. Vi rendete conto?! Lo DEVE ributtare in mare.
Assurdo.
Fortunatamente il circolo vizioso sta iniziando a dare segni di cedimento e sebbene Arcipelago Pulito sia solo di un progetto sperimentale tanti sono i soggetti coinvolti per avviare un’attività di recupero dei rifiuti plastici che avvelenano il nostro Mediterraneo: Regione Toscana, Ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guardia Costiera della Toscana, Autorità di sistema portuale del Tirreno Settentrionale, Labromare (concessionaria per la gestione dei rifiuti nel porto di Livorno). Revet e CFT. Insomma un coinvolgimento trasversale che ha riunito istituzioni, concessionarie di servizi di pubblica utilità e privati nel raggiungimento di uno scopo comune.
Una delegazione composta da rappresentanti di Regione Toscana ed Unicoop Firenze insieme all’eurodeputata Simona Bonafé, ha spiegato al commissario europeo per l’ambiente, gli affari marittimi e la pesca Karmenu Vella, il segreto del successo di Arcipelago Pulito: prima i pescatori si sono detti disponibili a recuperare i rifiuti raccolti insieme al pescato, attrezzando le imbarcazioni con sacchi particolari, poi le aziende di raccolta e recupero hanno allestito un punto di conferimento in area portuale posizionando un cassone che una volta pieno viene ritirato e sostituito con uno vuoto. Su tutte queste attività vigila la Guardia Costiera mentre Legambiente offre l’expertise tecnico scientifico.
I dati pubblicati da Revet riguardanti i risultati della raccolta al 20 giugno parlano di una stragrande maggioranza di plastica dura (quasi un 80% del totale) ma sono presenti in grande quantità anche shopper (ma in drastico calo grazie all’avvento degli shopper bio), imballaggi alimentari e bottiglie. Risponde all’appello anche il vetro sebbene in percentuale minima (ma si può argomentare che dato il peso maggiore è più difficile che si alzi dal fondo).
Se il progetto Arcipelago Pulito dimostra come l’operato sinergico di privati ed istituzioni possa produrre risultati importanti, viste le condizioni disperate in cui versano i nostri mari, è necessario che tutti facciano la loro parte, quindi anche i produttori devono adottare contromisure idonee a far fronte all’emergenza. Ed è quello che emerge dal rapporto pubblicato a conclusione del Polytalk, la convention mondiale dei produttori di plastica organizzata a Malta da PlasticsEurope.
Le stime su quanta plastica finisca in mare sono preoccupanti, secondo gli stessi produttori sono oltre 8 milioni di tonnellate, OTTO MILIONI! e come sapete il nostro Mediterraneo non gode di ottima salute, senza contare che -come sottolinea anche Daniele Ferrari, in qualità di presidente di PlasticsEurope- da un lato i nostri mari sono un valore e vanno protetti, dall’altro è assurdo che ad avvelenarli sia una risorsa preziosa come la plastica che potrebbe ed anzi dovrebbe essere destinata al riciclo. Su questo fronte però c’è grande soddisfazione perché negli ultimi dieci anni il riciclo della plastica grazie all’impiego di tecnologie sempre nuove è aumentato dell’80%, il che vuol dire che rispetto al 2008 ricicliamo quasi il doppio della plastica e molto di quello che una volta finiva in discarica o nelle fornaci dei cementifici (ghiotti consumatori di plastica) oggi vive una seconda vita; anche la raccolta in generale è aumentata, l’11% in più rispetto al passato, e per effetto di una maggior collaborazione tra tutti i protagonisti della filiera il 43% in meno della plastica finisce in discarica.
Risultati che fanno ben sperare per il futuro ma ovviamente non possiamo abbassare la guardia, specie perché altri paesi come quelli del sud est asiatico, che hanno ritmi di produzione dei rifiuti altissimi mentre raccolta differenziata e riciclo sono ferme al palo, guardano a noi per risolvere il problema della gestione dei rifiuti solidi urbani, quindi dobbiamo dare l’esempio! Non a caso un paese come l’India ha preso un impegno con la comunità internazionale. Stay tuned!