Cosa succede quando un pescatore tira su le sue reti e tra pesci e crostacei trova il più classico scarpone o una tanica di plastica mangiucchiata, o addirittura un cofanetto contenente tutte le hit di Al Bano e Ro Mina? Se avete letto questo articolo saprete bene quale sia la triste realtà, che ripropongo qui per i profani (cui comunque consiglio la lettura dell’articolo): purtroppo il pescatore dovrà ributtare in mare tutto ciò che pesce non è, a stabilirlo è la legge. Tranne il cofanetto. Quello si tiene.
Fortunatamente non è così ovunque, infatti nella bellissima Toscana, terra che oltre al bel mare può vantare di aver dato i natali al sottoscritto, è stato avviato il progetto ‘Arcipelago Pulito’ grazie ad un protocollo d’intesa tra istituzioni, pescatori ed altre importanti realtà attive sul territorio; da aprile ad oggi, questa partnership ha ottenuto importanti risultati, tanto che dal bilancio provvisorio pubblicato nei giorni scorsi emerge come un’attività di questo tipo possa avere un impatto positivo sulla salute dei nostri mari: 16 quintali raccolti e conferiti, mica si frigge con l’acqua in Toscana!
O forse sì? Se avete letto quest’altro articolo saprete che la Regione Marche, al fine di non aprire la porta agli inceneritori, si è guardata bene dal rivedere un documento strategico che finché resta com’è rappresenta un ostacolo al proliferare degli impianti dove i rifiuti vengono convertiti in altri rifiuti meno ingombranti ma più pericolosi (sì è questo che fanno gli inceneritori), dando prova di intelligenza, sensibilità alla questione ambientale, e di una apertura verso modelli ispirati all’economia circolare dove il rifiuto rappresenta un’importante opportunità a livello economico occupazionale e di tutela dell’ambiente.
In Toscana non siamo stati ugualmente lungimiranti.
Come riporta infatti Maurizio Bologni sul suo blog di Repubblica, nel comune di Barga la compagnia Kme avrebbe proposto un impianto di termovalorizzazione, un pirogassificatore per la precisione, che avrebbe la ‘virtù’, per usare le parole del blogger, di chiudere il cerchio dell’industria del rame e della carta bruciandone gli scarti non recuperabili. Ora, io non sono un esperto quindi l’unica cosa che ho è una valigia piena di domande, quindi eccone una per voi: per i rifiuti in discorso davvero non esistono opzioni o forse le opzioni ci sono ma non sono state esplorate (o addirittura nemmeno prese in considerazione) perché danneggerebbero altri interessi?
Ne ho infatti sentite di tutti i colori, di recente ho addirittura letto la storia di un teenager che insieme a due amici si è inventato un modo di recuperare il polistirolo in un modo economicamente sostenibile, quando ormai sembrava che il mondo ci avesse rinunciato, quindi tutto mi pare possibile.
Lo stesso Bologni, del resto, riporta una notizia che dà lustro all’economia circolare toscana e prova come l’incenerimento sia veramente una metodologia controproducente e superata, venendo relegata nell’angolo da più sostenibili opzioni proiettate verso il futuro: nella provincia di Lucca l’industria cartiera, molto florida, ha difficoltà a gestire gli scarti, oggi parte di questi scarti vengono trasformati in pallet (quelli che si usano per trasportare la merce e arredare i giardini degli hipster), gli impianti a regime fino ad agosto riuscivano a sfornare 40mila bancali l’anno utilizzando scarti di pulper; ma è grazie all’investimento in ricerca e sviluppo che proprio lo scorso agosto sono arrivati nuovi macchinari che porteranno la produzione di pallet (e quindi il recupero di scarti dell’industria cartiera, di rimando) a 200mila.
In Toscana, pare, la sostenibilità si muove a doppia velocità, tra le due preferisco la Toscana di Arcipelago pulito e dei bancali fatti di scarti, non quella che si brucia il futuro negli inceneritori.